mercoledì 5 marzo 2008

IL NOSTRO NON È PIÙ UN PAESE PER BAMBINI

LA MORTE INAUDITA DI CICCIO E TORE, I DUE FRATELLINI DI GRAVINA.


Una casa abbandonata nel centro di Gravina, una cisterna e un bambino che ci cade dentro. E mentre i pompieri tirano su quel bambino, con le gambette spezzate ma salvo, la scoperta dell’orrore. Laggiù ci sono i corpi dei due fratellini scomparsi dal giugno del 2006, Salvatore e Francesco Pappalardi di 13 e 11 anni. I "nostri" Ciccio e Tore.
Dico nostri perché sono diventati il rimorso di quelli che li hanno cercati lontano, perfino in Romania, mentre erano a pochi passi; di chi li ha trasformati nell’ingombro di una famiglia disastrata, un fastidio da eliminare, come sembrò alle indagini basate su "indizi consistenti" che hanno portato il padre in galera; di chi forse li aveva visti in giro quella sera della scomparsa, ma non ha parlato. E dico nostri perché il pensiero della loro morte, forse atrocemente non immediata ma avvenuta per le ferite, il freddo, la paura, turba le quiete certezze in un mondo che ci illudiamo sia a misura di bambino. Davanti alla casa abbandonata, ora si accumulano mazzi di fiori, disegni, ricordini. Su un foglio sta scritto: «Perché non abbiamo sentito le vostre voci?». Non solo le grida che potevano arrivare dal buco nero. Ma anche le voci di Ciccio e Tore quando erano contesi tra una madre definita debole e un padre definito violento. Per un po’ affidati a una comunità, appoggiati dai servizi sociali. Poi lasciati soli a vagabondare per strada, in posti pieni di pericoli; a saltellare sui tetti, a esplorare gli sprofondi. E a progettare la fuga dai genitori, che erano presi in altre famiglie ramificate e persi in reciproche accuse e parole di odio. Adesso che in Tv ripassano i filmati e le interviste di quei sedici mesi della scomparsa, colpisce una frase di Rosa Carlucci, la madre: «Ciccio mi ha scritto sul quaderno: "Mamma, se ci succede qualcosa tu piangerai?"». Come un bisogno di amore, una esigenza di attenzione. O un presentimento. Avevano anche scritto i loro nomi su un muro della casa abbandonata che era il loro parco giochi e diventerà la loro tomba. Quasi una lapide anticipata. Ciccio e Tore, insieme nella vita randagia e nella morte atroce, restano un dolore collettivo e anche un promemoria delle tragedie che colpiscono gli indifesi. «L’infanzia oggi è orfana di tutele», dice la psicologa Maria Rita Parsi, del Movimento bambini. Si pensa ai tanti spersi nel nulla, Angela Celentano, Denise Pipitone, per dire i primi nomi che vengono in mente. Con orrore si leggono le cronache della pedofilia, gli insospettabili in mezzo a noi che di colpo si rivelano lupi in agguato contro l’innocenza. Sono quasi scomparsi i piccoli centri dove si vive come una comunità, dove i figli degli altri sono anche figli tuoi da controllare e proteggere. Sopravvive qualche isola felice non ancora lambita dal "progresso". Ma le città con la loro mostruosa crescita, diventano nemiche delle creature più esposte ai pericoli. Voglio ricordare Jessica, 14 anni, e le sorelline Bianca di 7 e Joana di 13 insieme alla loro mamma, uccise da una macchina in folle corsa, la scorsa settimana a Fiumicino. Non è un paese per vecchi è il film dei fratelli Coen che quest’anno ha meritato più Oscar. Se l’Italia, patria del mammismo, smette di essere madre per i suoi figli meno fortunati, potremmo dire che il nostro non è più un Paese per bambini.

Franca Zambonini (Famiglia Cristiana)


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